“Il territorio come driver di sviluppo locale in ottica transculturale” nell’ambito dell’Azione 2 “Promozione dell’accesso ai servizi per l’integrazione” del Piano d’intervento regionale IMPACT Lazio
POPOLAZIONE
La ricerca riguarda 180406 cittadini residenti nei 23 comuni del distretto B della provincia di Frosinone, il 37% degli abitanti della provincia che conta 477502 abitanti.
La popolazione straniera è di 10287 unità, 5,77% sulla popolazione totale del distretto ma 38% della popolazione straniera dell’intera provincia, dato a, quindi, in linea con le % nazionali e nettamente inferiore a quelle di altre province del Lazio. La presenza dei cittadini dei paesi terzi è superiore a quella dei paesi dell’Unione Europea (3,6 contro il 2%, dato b).
Le nazionalità maggiormente presenti sono rumeni per quanto riguarda l’Unione Europea, gli albanesi, i marocchini, i nigeriani, i cinesi per quanto riguarda i paesi terzi.
Ceprano, Frosinone, Ferentino, Amaseno e Supino sono gli unici comuni dove si supera la media distrettuale. Tra i comuni più piccoli, mentre Supino domina la valle delle industrie, Amaseno è fuori e lontano dai centri logistici tradizionali.
La popolazione italiana residente è molto anziana, supera per il 46% i 50 anni. Quella straniera è per il 20% compresa tra i 18 e i 50 anni e percentualmente, in queste fasce di età, la presenza straniera è quasi due volte quella dei residenti italiani. La classe di età tra 18/29 anni è più incidente (11%) tra gli stranieri (dato c).
Il maggior numero di stranieri residenti è di nazionalità rumena: 1,79% rispetto alla popolazione italiana, 31% rispetto alla popolazione straniera. Tra i paesi terzi è l’Albania la nazionalità più rappresentata. Tra i paesi non europei i marocchini e i cinesi rappresentano di gran lunga le nazionalità numericamente più presenti. La differenza di genere si evidenzia evidentemente per la diversità di settore lavorativo: mentre vi sono molti più maschi tra le nazionalità di coloro che vengono a lavorare in agricoltura, vi sono più femmine tra i paesi impegnati soprattutto nella cura alla persona (esempio Bulgaria e Ukraina, dato d, e, i).
La presenza di stranieri di paesi europei che hanno una ricchezza economica simile all’Italia è bassissima, se non invisibile.
Le nascite rappresentano un rapporto di 1/20 per gli italiani e 1/10 per gli stranieri.
Il dato dei matrimoni appare non significativo anche rispetto al fatto che solo 11 comuni hanno risposto. Comunque ca il 3% dei matrimoni è misto, a fronte del 94% italiani, mentre i bambini nati nell’ultimo anno per cittadinanza dei genitori, su dati di 10 comuni, abbiamo nascite per il 10% tra genitori misti e 4% tra genitori entrambi stranieri.
LAVORO
Attivazione e cessazione dei rapporti di lavoro
Nell’attivazione dei rapporti di lavoro si evidenzia che quelli femminili sono maggiori tra gli italiani mentre quelli maschili sono superiori tra gli stranieri (Grafico a).
Le attivazioni degli stranieri segue le percentuali di popolazione presenti. L’Egitto è una anomalia con un numero importante di attivati. (tabella B)
I lavoratori coinvolti in attivazione di rapporti di lavoro per settore e provenienza mostrano una differenziazione per aree geografiche.
Mentre gli italiani sono impegnati in attività di alta e media scolarizzazione, dove gli stranieri non compaiono assolutamente, e pure in attività legate ai servizi, gli stranieri dei paesi terzi sono impegnati nelle attività di agricoltura e edilizia (tabella C).
Gli stranieri europei sono attivati nelle attività di cura alla persona (grafico C).
Le nazionalità straniere impegnate nei singoli settori (tabella C_bis), raccontano anche alcune ampie convergenze tra nazionalità e settori. Mentre i rumeni sono distribuiti in tanti settori, gli indiani si possono trovare nelle attività agricole; gli albanesi nelle costruzioni insieme ai paesi nordafricani; i cinesi al commercio e alla ristorazione; mentre le donne dei paesi europei sono impegnate in attività di cura in famiglia, si nota una crescita delle donne marocchine impegnate in questo settore. Si nota che la popolazione straniera intercetta poco e male le attività di prevalenza della popolazione italiana.
I lavoratori coinvolti in cessazioni tra i lavoratori stranieri possono risultare pochi rispetto a quelli italiani (grafico D)
La cessazione del contratto risulta essere quasi il 50% del totale. Un quarto si dimette o è dimesso. Per i paesi dell’Unione Europa e paesi terzi cresce l’incidenza per giustificato motivo oggettivo (tabella F).
Il saldo attivazioni/cessazioni per la popolazione residente straniera (tabella G) risulta favorevole soprattutto per la popolazione maschile.
STRANIERI E SANITA'
Il dato disaggregato per accesso ai Punti Unici di Accesso (PUA) (dato l) non è stato fornito. E’ stato consegnato un dato anno 2019 di 8435 di accesso generico per Accoglienza, Segretariato, Orientamento ed Attivazione Servizi, ADI SIAT, EX ART.26, uvm, PDTA e altro.
Anche per l’accesso ai servizi per le tossicodipendenze il dato è complessivo (368).
Nei servizi distrettuali ASL alte sono le visite mediche ginecologiche e pediatriche per le straniere. Nell’accesso al servizio multietnico di Frosinone spicca il 26% di persone di nazionalità nigeriana, alta rispetto alla popolazione della stessa nazionalità residente.
L’accesso al DSM-PD invece ha un dato che elenca gli stranieri utenti (358). Il dato però non si allinea con la popolazione straniera residente. Sono gli albanesi ad essere l’utenza più numerosa e non i rumeni che affluiscono per metà. I nigeriani risultano essere il 12% di coloro che si sono affluiti al servizio a fronte del 5% tra la popolazione straniera.
Lo sportello (ambulatorio multietnico) ha avuto utenza di 176 persone (103 maschi e 73 femmine) con una presenza albanese per 1/3. Pakistani ed egiziani (35) solo come uomini si sono rivolti allo sportello.
SERVIZI SOCIALI
13 comuni hanno inviato i dati e si rileva che gli stranieri accedono oltre la loro percentuale di residenza ai servizi, testimoniando una difficoltà generale, chiedendo contributi economici. Non si ha un dato tra vecchi e nuovi insediamenti, ma si può pensare che anche gli stranieri arrivati 30 anni fa non abbiano tutti trovato una soluzione equilibrata e continuativa dal punto di vista del reddito e della casa.
TERZO SETTORE
La presenza e l’offerta del terzo settore (dato n) nel territorio copre tanti bisogni, ma non lo fa in tutto il territorio. Solo la Caritas diocesana può dirsi presente diffusamente. E tra l’altro è l’organizzazione che riesce ad andare incontro a un ventaglio di bisogni più ampio. Colpisce che gli enti si appoggino spesso alle organizzazioni del terzo settore pur di riuscire ad andare incontro ai bisogni. Tra le organizzazioni non c’è un nodo di rete formale. Spesso le iniziative si ripetono senza che alcuna abbia coscienza delle attività di altri. C’è una crescita del volontariato laico, ma che però non riequilibra l’atteggiamento soprattutto caritatevole e di solidarietà delle azioni, in luogo di una spinta per i diritti e per l’efficienza dei servizi pubblici.
SCUOLA
Nelle 10 scuole che hanno inviato i dati, gli alunni rispettano le percentuali di popolazione residente. Si rilevano per gli stranieri alte le percentuali per alunni trasferiti e alunni ripetenti, come gli stranieri con BES e assistenza educativa. Altissima la percentuale di alunni stranieri in carico ai sevizi sociali.
Le caratteristiche, i bisogni e le risorse attivate dalle famiglie dei cittadini di Paesi Terzi residenti
La prima persona del nucleo familiare che si è trasferita in Italia è stata per il 25% il capo famiglia, per cercare occupazione e poi far arrivare il resto della famiglia; soltanto un nucleo familiare, quindi il 12,5% del totale si è trasferito tutto insieme ( moglie, marito e due figli), per scappare dalla guerra nel loro Paese d’origine. Del restante 62,5 % intervistato appare in evidenza che a trasferirsi in Italia sono state donne, per svariati motivi: chi perché si è laureata nel suo Paese e non trovando lavoro è venuta a cercarlo in Italia; chi per aiutare economicamente i genitori in quanto afferma che “ il denaro qui è più valore da noi” ovvero che il denaro in Italia ha più valore rispetto al suo Paese; chi per cercare una vita migliore; chi perché “ sin da bambina ho sempre sognato di viverci”.
Il 50% degli intervistati dichiara che i propri figli sono nati in Italia; i nuclei familiari del 100% degli intervistati sono ampi in quanto si evidenziano:
- 3 famiglie di 4 componenti ( marito, moglie e 2 figli)
- 4 famiglie di 5 componenti ( marito, moglie e 3 figli)
- 1 famiglia di 8 componenti ( padre, madre, 6 figli)
Le classi scolastiche frequentate dai figli/fratelli degli intervistati sono legate per lo più alla scuola primaria e alla scuola secondaria di 2° grado, mentre il genitore di sesso maschile lavora, per lo più come operaio ( 12.5 %) o in un ristorante ( 25%) o in altri campi non specificati, mentre il genitore di sesso femminile lavora come donna delle pulizie e/o babysitter ( 12.5 %) mentre il 50% dichiara di essere casalinga e di occuparsi quindi della casa e della famiglia.
Il 25% ha dichiarato di essere impossibilitato causa Covid-19; un altro 25% non ha fornito alcuna risposta; il 12,5% dichiara di dedicarsi alla religione tutte le domeniche; un altro 12.5% dichiara che prima del lockdown seguiva un corso di lingua e suoi figli erano iscritti chi a scuola di danza, chi ad arti marziali chi ad un corso di pesistica; un ulteriore 12.5% parla di passioni: calcio, cinema, letteratura e amore per lo studio; un ultimo 12.5% dichiara di avere una figlia che suona il piano.
Un dato positivo che si rileva dalle interviste è che tutti gli intervistati dichiarano di trovarsi molto bene in Italia, nonostante c’è chi ha avuto più problemi legati alla socializzazione appena arrivati; hanno sia amici italiani che stranieri e questo indica che non si sentono esclusi bensì integrati come parte del Paese; possiamo quindi affermare che sta avvenendo la socializzazione, come processo di trasmissione di informazioni e di caratteristiche culturali diverse, e il risultato di questo processo è l’amicizia che nasce tra diverse culture.
Gli intervistati dichiarano che in caso di problemi legati alla loro vita quotidiana il 37.5% si rivolge ad associazioni di volontariato ( di loro un intervistato ha menzionato anche il comune come servizio di supporto), il 25% è scettico nei confronti dei servizi a cui chiedere aiuto e dichiara quindi di non rivolgersi a nessuno, mentre un ulteriore 37.5% cita amici, conoscenti e parenti come reti informali a cui chiedere supporto e/o indicazioni specifiche riguardo una particolare difficoltà che si trovano ad affrontare.
Opposti sono i dati relativi al funzionamento dei servizi pubblici e sociali; infatti il 37.5% afferma di non aver difficoltà a capire gli orari di attività, i documenti da presentare e le diverse procedure per richiedere un servizio ( di loro uno esplicita la poca voglia di lavorare del personale addetto all’ufficio e la problematica ad ottenere risposte concrete in maniera veloce); un altro 37.5% riscontra seri problemi di approccio ai servizi causa covid-19 che ha amplificato maggiormente e complicato ancora di più il rapporto con i servizi pubblici; il 12.5% non dà risposta circa questo quesito mentre il restante 12.5% parla del rapporto con la scuola testimoniando che “non è mai facile approcciarsi con i servizi pubblici, con la scuola abbiamo sempre avuto difficoltà, (…) il problema è l’ignoranza mescolata a pregiudizio, i miei genitori hanno avuto sempre problemi, anche se loro hanno sempre seguito il nostro andamento scolastico, colloquio ecc nel paese di origine. Non c’è pazienza né rispetto per i genitori che vengono da un sistema scolastico diverso”.
Sulla domanda specifica riguardo il funzionamento della scuola e gli aspetti positivi e negativi che si rivelano, togliendo il 25% che preferisce non rilasciare alcuna dichiarazione in merito a questo argomento, gli altri si dividono letteralmente in 2 gruppi; un primo 37.5% parla dell’ambiente scolastico in modo favorevole soprattutto nel rapporto con le insegnanti e nella integrazione con gli altri compagni di classe di nazionalità italiana, mentre un ulteriore 37.5 % ne parla in termini negativi, affermando che “ aspetti positivi sono pochissimi, ad iniziare con i contatti con gli insegnanti,trasporti, mense ecc” o “suggerisco più giornate di scambio culturale non solo per studenti ma anche per famiglie, più volte durante l’anno”, o ancora “ rispetto alla scuola mi sono trovata spesso ad avere a che fare con personale (sia insegnanti che impiegati) poco collaborativo.(…) Aggiungo il fatto che, mi sono resa conta, che c’è una tendenza a creare delle classi di italiani e classi di stranieri”.
Anche le famiglie migranti stanno affrontando duramente la crisi creata dalla pandemia e il covid-19 è anche per loro un nemico. Le difficoltà maggiori si riversano nella questione lavorativa che sembra a rischio per il 50% di loro, soltanto il 12.5% dichiara di non stare affrontando alcun problema relativo al Covid-19 mentre il restante 37.5% dichiara difficoltà diverse quali “ la dad incubo di tutte le famiglie di questo paese, sia insegnanti che famiglie non stanno capendo nulla, non sono molto chiari gli orari e le modalità di svolgimento”, oppure “ ci manca il contatto fisico, sociale con i nostri cari in quanto non possiamo viaggiare al nostro paese” e ancora “ difficoltà enormi per accedere alle visite specialistiche, all’inps, all’agenzia delle entrate, ai servizi essenziali acqua, energia elettrica, comunicazioni ecc..”.
Infine le interviste terminano con una domanda specifica su come migliorare la nostra Italia e le risposte sono state diverse:
- “ trovare lavoro”
- “ più lavoro, più sicurezza”
- “meno ignoranza e pregiudizio, maggior rispetto per la diversità culturale”
Gli aspetti positivi della vita in Italia si classificano in aspetti legati al fatto che le cure mediche sono gratuite, a la qualità del cibo, della vita e la presenza di bellezze naturali ed artistiche.
Gli aspetti negativi, invece, si riassumono in burocrazia lenta, impossibilità di accedere ad un concorso pubblico se prima non si ha la cittadinanza, ricerca di un lavoro (anche se un intervistato afferma che con l’aiuto di connazionali che sono in Italia da più tempo si può trovare).
Soltanto il 12.5% non ha risposto a questa domanda.